L'unificazione fu infatti un processo con luci ed ombre: la storia, come viene raccontata ancora oggi sui libri di testo, racconta il Risorgimento come una forma di liberazione dell'Italia dall'oppressione, semplificando e tralasciando tutte le critiche.
La mia famiglia di allora abitava tutta nel territorio che fu “unito”, perchè tutti erano originari dell'Italia settentrionale.
Dal lato paterno, il trisnonno Marco, originario di Castelfranco Veneto, in quella data viveva a Fano con la seconda moglie Clelia, sposata lì e da cui proprio quell'anno nasceva Adele, la sorellastra del mio bisnonno Alessandro che aveva all'epoca 7 anni. Il trisnonno Marco si era trasferito a Fano da poco, forse per sfuggire a Radetzky, che già nel 1849 aveva emesso pubblico avviso perché tutti i renitenti alla leva fossero attivamente ricercati, e lui era fra quelli. Marco aveva già partecipato alla campagna per l'Unità d'Italia nel 1848 e 1849, e stava attivamente contribuendo a quella del 1860-1861, promosso al grado di Luogotenente. Da lì a qualche anno, forse per rincorrere gli aneliti risorgimentali, tutta la famiglia si trasferì a Genova, dove mise radici.
A Genova, o meglio negli immediati dintorni, viveva in una famiglia contadina con altri 4 fratelli e sorelle il mio bisnonno Carlo, che all'epoca aveva solo 2 anni. Il papà aveva già 45 anni, ma sarebbe vissuto in campagna fino a 75 anni.
Vita contadina faceva anche, probabilmente, il ramo materno dell'epoca: mio nonno festeggiava il suo primo anno di vita sulle colline intorno a Genova. Di lì a poco si sarebbero trasferiti tutti in città dove il trisnonno fece il cameriere.
L'ultimo trisnonno, Andrea, se la passava molto meglio, se negli anni successivi, diventato grande, fu in grado di aprire una banca! Poi trasformata in agenzia di cambi... Della sua famiglia però so ancora poco, se non che Andrea aveva al momento dell'Unità solo una ventina d'anni e non era ancora sposato.
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